Storia e Coltivazione
Zafferano
Lo Zafferano, il cui nome nella nomenclatura del Systema naturae di Linneo è Crocus sativus, è una pianta bulbosa perenne della famiglia delle Iridacee, la cui origine è ancora ignota non essendo conosciuta la specie selvatica.
Essendo un triploide sterile, mancando cioè di riproduzione sessuale, non produce semi e pertanto si moltiplica unicamente attraverso la duplicazione dei bulbo-tuberi.
Il ciclo biologico dello Zafferano attraversa una fase di attività vegetativa e una fase di riposo o dormienza: dopo la semina in campo, con le prime piogge di fine estate incomincia la fase vegetativa che porta alla fioritura autunnale in Ottobre-Novembre. Di seguito si ha il pieno sviluppo fogliare e l’attività riproduttiva della pianta, con la moltiplicazione dei bulbo-tuberi che dura tutto l’inverno. In primavera l’apparato fogliare dissecca e la pianta entra nella fase di dormienza, durante la quale i bulbi si possono dissotterrare e conservare fino al momento del reimpianto.
CLASSIFICAZIONE:
- Regno: Plantae
- Clado: Angiosperme
- Clado: Monocotiledoni
- Ordine: Asparagales
- Famiglia: Iridaceae
- Genere: Crocus
- Specie: Crocus Sativus
L'antico Croco
Il termine Zafferano deriva dall’arabo zaha-farān (زعفران), che significa “splendore del sole”.
Lo Zafferano è conosciuto fin dai tempi più remoti: Virgilio, Plinio e altri cronisti della classicità lo citano nelle loro opere. Ovidio lo menziona nelle Metamorfosi quando parla dell’amore di Croco (umano) e Smilace (una ninfa) fortemente contrastato dagli dei che punirono i due amanti trasformando lui nella pianta dello Zafferano e lei in quella della salsapariglia (Smilax aspera). Il colore arancione intenso del pistillo rappresenta la passione amorosa di Croco. Citato da Omero nell’Iliade, lo Zafferano serviva da giaciglio a Zeus, mentre gli antichi scrittori narrano che lo Zafferano veniva sciolto nel vino per essere spruzzato nei teatri, sui roghi, nei talami e nei capelli.
Nella mitologia romana, l’origine dello Zafferano è collegato alla figura di Mercurio, che uccise per sbaglio il suo caro amico Croco durante un lancio del disco. Per ricordare la memoria del suo amico tinse con il suo sangue una pianta dal quale prese il nome: il colore del pistillo rappresenta il sangue versato di Croco. I Romani usavano lo Zafferano per coprire le strade di fiori al passaggio di principi e imperatori, per colorare di giallo i veli delle spose, mentre sacerdoti e sacrificatori erano soliti cingersi il capo con i fiori di Zafferano durante i riti propiziatori e nelle cerimonie religiose. Nell’antico Egitto veniva utilizzato come colorante per le vesti (anche per tingere le bende delle mummie), per produrre unguenti medicamentosi e profumi: si narra che Cleopatra stessa lo usasse per dare un tocco dorato alla pelle.
L’origine dello Zafferano viene collocata in paesi lontani, molto probabilmente in India e zone limitrofe, dove veniva adoperato per l’arte tintoria, la cosmesi e come medicamento. Furono successivamente gli Arabi ad introdurlo, dopo alterne fortune, in Europa, in particolare nei paesi mediterranei più vocati per clima e terreno, dove ancora oggi viene coltivato: Italia, Spagna e Grecia.
Fu un monaco abruzzese, Padre Santucci, inquisitore all’epoca di Filippo II, ad introdurre la spezia dalla Spagna in Italia nel XIV secolo. Più precisamente il fiore arrivò nei territori abruzzesi e l’Aquila trovò nello zafferano il perno su cui far ruotare la propria economia, al punto tale da ottenere un prodotto di qualità superiore rispetto a quello spagnolo. Contestualmente in Sicilia, in Sardegna e in alcuni paesi dell’Italia centrale la coltivazione si espanse grazie anche alla forte richiesta dei mercati che ne lodavano il prodotto e ne favorivano il commercio.
Lo Zafferano non rappresentava più solo una merce di scambio, ma divenne un bene sostitutivo di oro e denaro.
Negli ultimi decenni, la coltivazione dello Zafferano si è fortemente ridotta. La mancanza di mano d’opera, l’evoluzione o l’involuzione dei consumi, l’abbandono delle campagne, l’antagonismo del prodotto estero e l’inadeguato commercio, hanno portato la coltivazione di questo fiore antichissimo ad essere una coltura integrativa al reddito di altre produzioni.
TradizionEvoluzione sceglie di valorizzare un’eccellenza italiana e di mettersi al fianco dei numerosi piccoli coltivatori della penisola che ancora credono in questa spezia e mantengono viva una tradizione millenaria con la forza della loro passione.
Coltivazione
Preparazione del terreno
Si inizia con un lavoro profondo del terreno, continuando con varie passate, per assicurare un suolo morbido e sciolto. La fertilizzazione prima della piantagione inizia con una correzione organica di 20-30 Kg/ha di sterco maturo incorporato con il dovuto anticipo, solitamente completata dall’aggiunta di fertilizzanti inorganici sotto forma di una miscela di fosforo, potassio e azoto.
Impianto
Si raccomanda l’utilizzo di bulbi di grosso calibro, cioè > 2cm poichè la grandezza del bulbo determina il numero di gemme fiorali e quindi il rendimento dell’impianto che si esegue tra i mesi di Maggio e Luglio a seconda delle zone. Il bulbo viene piantato ad una profondità di circa 15-20 cm. La densità della piantagione è di circa 50 bulbi m2. Di solito si semina in solchi a circa 50 cm, assicurando una distanza tra bulbo e bulbo di circa 15 cm.
Irrigazione
Lo Zafferano richiede poca acqua rispetto ad altri coltivazioni orticole essendo una pianta molto resistente alla siccità. L’unico momento particolarmente delicato è quello della fioritura, durante il quale è bene assicurare sufficiente acqua se non piove.
Diserbo e protezione fitosanitaria
Un mese dopo la piantagione è opportuno fare uno scavo a circa 10cm di profondità se si notano delle erbe infestanti, facendo attenzione a non danneggiare i bulbi.
A Settembre si realizza una aratura superficiale tra i solchi per rompere la crosta, per ammorbidire e far arieggiare il suolo ed eliminare le infestanti. In generale, lo Zafferano viene coltivato in suoli leggeri, ben drenati, senza grossi problemi fitosanitari. Occasionalmente, i problemi più gravi sono quelli generati dai funghi tanto che alcuni agricoltori eseguono un trattamento del bulbo con prodotti a base di rame per evitare gli attacchi fungini. Danni da parte di roditori, cinghiali e caprioli che si nutrono di tuberi vengono spesso riportati.
Raccolta
La fioritura dello Zafferano inizia a fine Ottobre/Novembre e dura circa 10 giorni: durante i primi cinque giorni si raccoglie il 70% della produzione. La raccolta dei fiori è manuale e deve essere fatta al mattino presto, prima dell’apertura del fiore. Questa operazione consiste nel tagliare i fiori alla base della corolla e depositarli in piccoli cestini per evitare che vengano schiacciati dal loro stesso peso. Successivamente si procede con la mondatura, che consiste nel separare, sempre manualmente, gli stimmi purpurei dal resto del fiore.
Essiccazione
L’essiccazione è il processo che elimina l’acqua dagli stimmi di zafferano freschi, appena raccolti, che permette di mantenere le proprietà organolettiche del prodotto e di garantirne la conservazione nel tempo.
E’ un’operazione delicata che richiede esperienza e che viene effettuata in appositi essiccatori a bassa temperatura. Alle fine della procedura gli stimmi perdono circa il 20% del loro peso fresco, diventando la spezia che conosciamo.